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Relazione tra la struttura di un alimento e la sua qualità: il caso della pasta di semola

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Quando si parla di pasta, si pensa immediatamente e istintivamente alla pasta secca e al grano duro. Tutti gli estimatori di questo prodotto, infatti, sanno che la materia prima d’elezione, l’unica ammessa dalla nostra legislazione, è la semola di grano duro. Le peculiarità della semola, abbinate all’impiego di un processo tecnologico caratterizzato da tre operazioni fondamentali – impastamento, formatura mediante estrusione ed essiccamento – permettono l’ottenimento di un alimento unico per conservabilità, facilità di preparazione, proprietà sensoriali e nutrizionali, adattabilità a usi differenti e, da ultimo ma non per importanza, di basso costo. In sintesi, un alimento apprezzato dai consumatori di ogni parte del mondo, senza limitazioni di età, tradizioni e potere d’acquisto.

 

Caratteristiche di qualità della pasta secca

Sebbene alcuni tratti qualitativi della pasta siano facili da apprezzare già al momento dell’acquisto (colore, superficie liscia o rugosa, presenza di rotture e bottature, di punti bianchi e/o punti scuri ecc.), la caratteristica più importante che il consumatore considera nel suo giudizio di qualità è senza dubbio il comportamento in cottura: ritornerà ad acquistare quel marchio solo se dopo cottura la pasta avrà soddisfatto le sue attese in termini di consistenza (che per una pasta di qualità deve essere elevata), collosità e ammassamento (che per una  pasta di qualità devono essere assenti); il profumo e il colore, (che devono essere caratteristici e far ricordare quelli della semola) pesano in misura minore sull’accettabilità complessiva. L’assaggio del prodotto cotto rappresenta dunque il controllo decisivo per la definizione della qualità della pasta per la quasi totalità dei consumatori, soprattutto per quelli italiani.

Altri attributi, quali l’origine del grano duro, la presenza di componenti nutrizionalmente importanti come la fibra, le indicazioni relative ad alcune fasi del processo tecnologico (estrusione con trafila in bronzo, condizioni di essiccazione ecc.) stanno sempre più richiamando l’attenzione del consumatore e sono perciò riportati in maniera più o meno chiara ed esauriente sulle confezioni. Ancora scarso è invece l’interesse per il cosiddetto “danno termico”, fenomeno complesso, di difficile valutazione da parte del consumatore.

La qualità della pasta, dunque, rappresenta la somma di numerosi fattori, su cui predomina il comportamento in cottura, parametro dipendente a sua volta dall’andamento dei fenomeni a carico di amido e proteine, i due principali componenti della semola e, di conseguenza, della pasta.

 

“Guardiamo” come sono organizzati amido e proteine nella pasta secca

La pasta secca ha una struttura macroscopica molto compatta (a occhio nudo non si vedono discontinuità né a livello superficiale né al cuore del prodotto) e poco idratata: per legge la sua umidità non può superare il 12.5%, parametro che ne assicura la lunga conservabilità a qualsiasi temperatura. Come mostrato con chiarezza dagli studi relativi alla sua ultrastruttura (Resmini e Pagani, 1983; Petitot et al., 2009; De Noni e Pagani, 2010), l’eccezionale compattezza di questo alimento è correlato all’organizzazione dei suoi componenti. L’amido (circa 74-78 % in peso del prodotto) è organizzato sotto forma di granuli al cui interno sono compattati amilosio e amilopectina in un ordine così elevato da conferire cristallinità. I granuli appaiono immersi in una matrice proteica molto densa, formata principalmente da proteine del glutine la cui caratteristica peculiare è la viscoelasticità. È facile comprendere che tanto più alto è il contenuto in proteine (mediamente il 10-12 % in peso della pasta), tanto più la maglia che circonda e racchiude i granuli d’amido è fitta, con fibrille che riescono a distribuirsi omogeneamente attorno a ognuno di loro.

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