Venerdì 9 settembre presso l’arena SanatechLab, a BolognaFiere ha avuto luogo il workshop “Lo stato dell’arte della filiera della pasta biologica” organizzato da Sanatech, la rassegna internazionale della filiera produttiva del biologico e del naturale, in collaborazione con Azienda Agraria Sperimentale Stuard e Open Fields.
Il workshop ha puntato a delineare lo stato dell’arte della pasta biologica italiana, evidenziando le opportunità e gli strumenti che, la particolare congiuntura economica, offre ai produttori di bio.
L’impennata dei costi delle materie prime e l’inflazione che corre e che ha superato ampiamente il +7%, hanno ridotto la forbice dei prezzi tra pasta convenzionale e pasta bio. Se prima dello tsunami economico si attestava in un rapporto di uno a due (in sostanza il bio aveva un prezzo quasi doppio rispetto al convenzionale), adesso si limita a poche decine di centesimi di differenza a fronte di una resa produttiva delle varietà certificate “organic” di almeno il 20% in meno.
L’altra faccia della medaglia con cui si interfaccia la filiera della pasta biologica è il consumatore. Le famiglie escono da due anni di pandemia e accusano i colpi di un caro vita quantomeno raddoppiato, anche per gli effetti della guerra in Ucraina.
I principali spunti emersi durante la tavola rotonda che ha registrato anche numerose domande e interventi dalla audience sono i seguenti: a) accordi istituzionali di filiera tra le associazioni di categoria dei mugnai e degli agricoltori; b) Filiera Corta e grano duro bio Italiano; c) connubio pasta biologica e integrale.
Sono infatti in atto accordi di filiera tra Italmopa, Confagricoltura e Confederazione Italiana Agricoltori con l’obiettivo di facilitare le transazioni nell’ambito di un accordo quadro che regolamenta le specifiche qualitative delle partite di grano duro bio, le eventuali premialità e i tempi di consegna della merce.
Una strategia analoga alla precedente è quella che prevede l’adozione della filiera corta da parte del mugnaio e quindi anche del suo cliente pastaio. Infatti il mugnaio acquista direttamente il grano duro biologico dagli stoccatori selezionati che a loro volta acquistano le partite di grano da agricoltori ormai storici e affidabili. Gli agronomi del molino inoltre visitano spesso i centri di stoccaggio e le stesse aziende agricole conferenti per mostrare vicinanza ai produttori e per non lasciare nulla al caso.
La terza strategia si avvantaggia dell’associazione grano duro biologico e semola integrale. Tale connubio porta a comunicare alle persone un prodotto pasta particolarmente salubre, che rispetta sì l’ambiente con la filiera produttiva del biologico, ma che ne migliora persino la salubrità grazie al consumo di un prodotto più ricco in fibre, vitamine e sali minerali. In tal modo la pasta integrale biologica è ancora più sostenibile potendo sfruttare a 360° quasi tutte le accezioni di sostenibilità: fa bene al pianeta, costa sempre relativamente poco e soprattutto è un prodotto ancora più salubre.
La ricerca nutrizionale e la scienza dei cereali infatti, in questi ultimi vent’anni, sono giunte a condividere una certezza: i prodotti integrali riducono significativamente il rischio di alcune malattie metaboliche come il diabete II e le malattie cardiovascolari.
Chiudo questo editoriale segnalando una stanchezza di richieste di grano duro biologico sul mercato nazionale, nella speranza che sia solo una pausa e non un effetto dell’attuale congiuntura economica, che potrebbe ulteriormente impattare sui consumi dei prodotti biologici.