La discesa vistosa e senza precedenti delle vendite alimentari sul mercato interno emersa nel biennio 2022/23, con un taglio cumulato di oltre otto punti in quantità, ha appannato le doti anticicliche dell’industria alimentare. Essa ha chiuso così il 2023 con un calo di produzione del -1,6%, all’interno del quale il comparto pastaio ha fatto un po’ peggio, con un -3,7%. Va anche detto che la crisi del mercato interno non è stata compensata dalla spinta dei mercati esteri. Tale ruolo prezioso si è rivelato, infatti, deludente. Alcuni osservatori hanno addirittura definito il 2023 come un “annus horribilis” per il commercio internazionale, con un calo in volume del -2,2% su base annua. Un segno negativo così marcato si era registrato, da inizio secolo, solo nel 2009, con la crisi innescata dai mutui subprime, e poi nel 2020, con la pandemia. Autorevoli previsioni pongono comunque alle spalle il punto di svolta, per cui la domanda estera per l’Italia dovrebbe tornare a salire nel 2024, con un +2,3% sull’anno precedente, dopo il simbolico +0,1% in valore e il -3,1% in quantità registrati l’anno scorso. Rimane il fatto che l’export complessivo dell’industria alimentare 2023 ha raggiunto la quota di 52,2 miliardi, con una crescita del +6,6% sull’anno precedente, in netta discesa dopo il +18,5% registrato nel 2022, e con un calo in volume del -2,1%, dopo il +3,2% del 2022. La crescita in valuta si è legata tutta, perciò, all’effetto prezzi. Al suo interno, a sua volta, il settore pastaio ha registrato variazioni dell’export pari al +3,6% in valore, dopo il +29,6% del 2022, e al -1,9% in quantità, dopo il +6,0% del 2022. Va sottolineato che la forbice fra i trend dell’export in valuta e quantità è stata molto elevata per il “food and beverage”, con 8,7 punti di differenziale che dimostrano le tensioni di costo subite dal settore, accerchiato sul fronte delle commodity agricole e dell’energia. All’interno di questo quadro non facile, le esportazioni pastaie sono riuscite tutto sommato a “tenere”.
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