La Sardegna, regione dal forte spirito identitario, da sempre offre una grande quantità di ricette e piatti tipici. Dal formaggio ai piatti di pesce, passando per la pasta. Proprio quest’ultima riesce a declinarsi all’interno della tradizione culinaria sarda in diversi formati, ognuno con caratteristiche ben definite e alle spalle secoli di storia. Ma quanti e quali sono nello specifico? Il formato più famoso è certamente la frègula, realizzata con semola di grano duro e acqua. Il suo nome deriva dal latino “ferculum” (fregolo in Volgare), parola usata per indicare le briciole. Infatti, la frègula è molto piccola e ricorda, per l’appunto, la briciola che si fa mangiando il pane.
La frègula è realizzata facendo roteare sui palmi delle mani piccolissime porzioni di impasto che vengono successivamente fatte seccare al sole, coperte con un panno da cucina. La sua origine è controversa: c’è chi la reputa una pasta autoctona, chi invece ne attribuisce la paternità ai fenici. Di solito, viene impiegata in piatti realizzati con i brodi.
Un altro formato molto famoso è rappresentato dai Malloreddus. La parola significa letteralmente “piccolo gnocco”, ed effettivamente descrive perfettamente questo tipo di pasta. Realizzato con acqua, pasta di semola e sale, ha una forma rigata che ricorda quella delle conchiglie. Talvolta vengono colorati usando nell’impasto dello zafferano. L’impiego dello zafferano ha radici storiche profonde; infatti, veniva usato per conferire maggior colore alle pietanze più povere a base di pasta. Per realizzare i Malloreddus la tradizione vuole che si schiacci un pezzetto di impasto con il pollice sul fondo di un “ciurili” (un cesto di vimini): proprio questo movimento gli conferirebbe la loro particolare rigatura. Sull’isola sono presenti molte varianti dei Malloreddus, ma ognuna di esse ha una cosa in comune: rappresenta il piatto delle feste. La loro preparazione più tipica è alla campidanese, cioè preparati con un ragù di salsiccia della zona del Campidano.
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