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Chi va al mulino s’infarina

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Attraverso la macinazione, dal grano tenero si ricava la farina, dal grano duro la semola. La farina di grano tenero, di colore bianco e impalpabile al tatto, facilmente amalgamabile con acqua o liquidi, può essere prodotta nei tipi “00”, “0”, “1” e “2” in base alla granulometria. La semola, di colore lievemente giallo, ha una consistenza granulare a spigolo vivo ed è più impermeabile ai liquidi per cui richiede impasti più prolungati. In Italia la definizione e le caratteristiche delle diverse tipologie di sfarinati è regolata da una apposita legge (n. 580 del 4/7/1967 e successive modifiche), che disciplina la lavorazione e il commercio di cereali, sfarinati, pane e paste alimentari.

Il mulino a palmenti

È la “macina per grano” per eccellenza ed è costituito da due mole di pietra, orizzontali e sovrapposte, di cui una è fissa, detta giacente o dormiente, mentre l’altra, girante o corrente, ruota intorno al suo asse centrale. Sopra alle macine è posta la tramoggia, una cassetta in legno a tronco di piramide rovesciata, dove viene versato il grano, che, cadendo nel foro centrale della macina superiore, è costretto a passare nello spazio fra le due mole, in cui viene macinato per pressione e per sfregamento, per scaricarsi all’esterno e confluire, grazie al moto rotatorio, in un cassone posto sotto il telaio che racchiude le macine. Regolando la distanza delle mole, si ottiene un diverso grado di finezza del macinato. Per ottenere una macinazione più omogenea, si fa compiere al grano un percorso più lungo munendo le superfici affacciate delle mole di scanalature a raggiera opportunamente profilate. La mola qui esposta proviene dal “Mulino Gambarato” posto nella valle del torrente Rovacchia lungo il Rio Cogolonchio, tra Fidenza e Tabiano Terme, dotato in origine di due macine affiancate, una per il grano e una per altri cereali e semi. Il Mulino, acquistato nel 1872
da Rosa Gatti Corazza unitamente al Castello di Tabiano e alle pertinenze terriere, negli anni Settanta del Novecento era stato ammodernato da Giovanni Corazza e ampliato con l’inserimento
di due laminatoi. Dismessa l’attività molitoria nel 1985, l’edificio è stato trasformato a uso residenziale, mentre la mola con tutti i suoi meccanismi veniva smontata e conservata per essere esposta
dopo il restauro integrale curato nel 2014 dai tecnici del Gruppo “Medaglie d’Oro” Barilla.

 

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