Pasta secca e pasta fresca: due prodotti d’eccellenza della cultura e tradizione gastronomica italiana, la cui differenziazione è basata in primo luogo sul parametro umidità. La nostra legislazione (DPR n. 187, 2001), infatti, indica per entrambe le tipologie di pasta il valore massimo di umidità (vale a dire il contenuto totale di acqua), parametro che influenza grandemente la durabilità dell’alimento, come riportato nella Tabella 1.
Il valore di umidità massimo (12,5%) fissato dalla legge per la pasta secca non permette alcuna crescita microbica né attività enzimatica e consente di avere una shelf-life di 3 anni. Al contrario, l’elevata umidità che contraddistingue il prodotto fresco determina una brevissima conservabilità e sono necessari trattamenti termici equivalenti alla pastorizzazione e la refrigerazione per prolungare la sua conservabilità di alcuni mesi. Accanto all’umidità, un secondo tratto che distingue le due tipologie di pasta è rappresentato dalla materia prima: la pasta secca deve essere prodotta esclusivamente da sfarinati di grano duro, quali semola, semolato o semola integrale, mentre per la pasta fresca è ammesso anche l’uso di farina di grano tenero (DPR n. 187, 2001).
Le limitazioni relative all’ingrediente di base per i due prodotti sono comprensibili se si considera quali sono i cereali “d’elezione” (e perciò largamente disponibili) nelle aree geografiche d’origine delle due tipologie di pasta.
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