Gli acidi grassi omega 3 sono acidi grassi polinsaturi, ormai molto studiati e noti anche ai consumatori. Sono: l’acido alfa-linolenico, (ALA, C18:3 n-3), eicosapentaenoico (EPA, C20:5 n-3), docosaesanoico (DHA, C22:6 n-3); questi acidi sono definiti “essenziali” perché non possono essere biosintetizzati dall’organismo umano, ma devono essere introdotti con la dieta. La dimostrazione dell’importanza di questa classe di composti sta nel fatto che, lanciando una ricerca bibliografica su piattaforma bibliografica internazionale, con parola chiave “omega 3 fatty acids supplementation” e limitando la ricerca alle reviews si ritrovano oltre 3000 voci. La prima review compare nel 1988, con il titolo Biological mechanisms and cardiovascular effects of omega 3 fatty acids (Mueller e Talbert, 1988).
Gli effetti positivi sulla salute umana, in parte acclarati e in parte ancora oggetto di ricerca, sono molteplici (Simopoulos 1991, Siroma et al. 2022), a partire dal fatto che sono precursori di prostaglandine e altre molecole con ruoli chiave nel metabolismo dei mammiferi. Numerosi studi epidemiologici hanno attribuito agli acidi grassi omega 3 importanti effetti positivi, in gran parte ascrivibili ad azioni antiossidanti; la letteratura scientifica riporta effetti benefici sulla riduzione del rischio di malattie cardiovascolari, grazie alla riduzione dei livelli di trigliceridi e del colesterolo nel profilo lipidico del sangue e riduzione della pressione arteriosa (Rizos et al. 2021). Riduzione dell’incidenza del diabete e dell’obesità (Morshedzadeh et al. 2022), miglioramento delle funzioni cerebrali, con prevenzione dei disturbi neuropsichiatrici (Xu et al. 2021) e protezione contro lo sviluppo di tumori e di disturbi autoimmuni (Parikh et al. 2018; Nestela et al. 2020). Un adeguato apporto di acidi grassi omega 3, perciò, appare come il fattore chiave per il mantenimento di un buono stato di salute e per la prevenzione di malattie croniche e di natura infiammatoria (Deckelbaum e Torrejon 2012, Yates et al. 2014). Il fabbisogno giornaliero di omega 3 varia a seconda dell’età, della condizione fisiologica e dell’attività fisica; l’assunzione consigliata di omega 3 è compresa tra 200 e 500 mg/giorno, tenendo conto che le due molecole fisiologicamente essenziali sono EPA e DHA. ALA può essere convertito dall’organismo umano in EPA e DHA, ma il fattore di conversione è piuttosto basso: è infatti compreso tra il 5 e il 15% (Harper e Jacobson 2001; Pawlosky et al. 2001; Burns-Whitmore et al., 2019). Nella valutazione del fabbisogno, inoltre, deve essere considerato il rapporto omega-6/omega 3 che non dovrebbe essere superiore a 5, mentre negli ultimi 100 anni le popolazioni occidentali hanno visto uno spostamento enorme di questo rapporto, a favore degli acidi grassi omega 6 (Bjerve et al. 1989; Eurodiet 2000; ANC 2001; EFSA 2005).
Le fonti naturali di EPA e DHA sono marine: si trovano infatti nel pesce e, prevalentemente, nel pesce grasso, come tonno, salmone, acciuga, sgombro ecc. (Lenihan-Geels et al., 2016), ALA, invece, si trova alghe, in alcuni semi, noci e legumi (lino, colza, noci e soia). Per rendere possibile una corretta assunzione di omega 3 con la dieta, l’industria alimentare sta immettendo sul mercato alimenti arricchiti con questi acidi grassi essenziali. Tuttavia, l’efficacia nel promuovere la salute con l’uso di questa pratica dipende da molti aspetti che vanno dalla biodisponibilità delle molecole utilizzate, al loro livello di ritenzione, alla conservabilità e all’accettabilità dei prodotti (Zimet et al. 2011).
Omega 3 nella dieta
Gli effetti benefici degli acidi grassi omega 3 sulle patologie cardiovascolari e metaboliche furono individuati per la prima volta attorno agli anni ‘70 del secolo scorso, grazie alla scoperta della scarsissima incidenza di malattie cardiovascolari e diabete presso le popolazioni Inuit della Groenlandia, grandi consumatori di pesce e sono tuttora oggetto di studio. Le abitudini alimentari nei paesi occidentali, tuttavia, hanno visto la drastica riduzione Di acidi grassi polinsaturi, e in particolare di omega 3, a vantaggio di saturi e monoinsaturi e, talvolta, di acidi grassi trans (Sacks et al., 2017; Dietary guidelines for Americans: 2015-2020). In particolare risulta marcato l’innalzamento del rapporto tra omega-6 e omega 3, soprattutto in paesi come il Nord America e la Gran Bretagna: da una meta-analisi dei dati disponibili, lo spostamento di quel rapporto appare correlato con un incremento delle patologie cardiovascolari (Wei et al., 2021). Le principali fonti di acidi grassi omega 3 (EPA e DHA) sono marine, come si è detto; le fonti vegetali, come semi di lino e noci e gli oli di soia e colza, che sono le più accessibili e le sole accettate da vegetariani e vegani, aumentano la quota di acidi grassi omega 3 (Astorg et al. 2004; Clifford et al. 2005), ma se le dosi consigliate per EPA e DHA sono comprese tra i 200 e i 500 mg al giorno, per ALA si parla di 1100-1500 mg al giorno, per la scarsa efficienza della conversione (Zello G.A., 2006).
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