Si è parlato molto, negli ultimi tempi, di metodi alternativi per cuocere la pasta. Complice la crisi energetica e il conseguente rincaro delle bollette, da più parti ci si ingegna per trovare soluzioni che permettano di risparmiare sui costi dell’energia. La cottura passiva (ovvero il procedimento che consente di buttare la pasta mentre l’acqua bolle e spegnere il fuoco subito dopo, coprendo la pentola con un coperchio e attendendo la cottura) è stata ampiamente dibattuta, con vari botta e risposta dal punto di vista mediatico che hanno coinvolto diversi chef e anche il premio Nobel per la fisica Parisi.
Ma c’è un altro metodo che farebbe risparmiare denaro nella cottura della pasta: si tratta della reidratazione. Consiste nel lasciare a bagno in acqua fredda la pasta per qualche ora, in modo che la assorba e torni morbida, con il livello di umidità che aveva appena uscita dalla trafila.
A quel punto si può procedere come se fosse pasta fresca. Si salta con il condimento a scelta e poca acqua, poi bastano 2 o 3 minuti prima di servirla: per capire se è cotta bisogna tenere d’occhio il colore che cambia da un bianco opaco a un giallo tenue traslucido per effetto della gelatinizzazione degli amidi.
Il risultato finale è diverso dalla normale cottura perché scompare completamente il “nerbo” della pasta al dente che, nella normale cottura, è dato dalla mancata reidratazione del centro della pasta. La consistenza sarà invece ugualmente elastica per tutto lo spessore, proprio come succede per la pasta appena fatta. Per ottenere un risultato totalmente fuori dagli schemi, si può pensare anche di sostituire l’acqua con altri liquidi come il vino, gli estratti vegetali o addirittura i succhi di frutta.
Non c’è dubbio che con questo metodo si risparmiano tanti minuti in fase di bollitura dell’acqua e anche di cottura della pasta. Ma il risultato sarà realmente soddisfacente?