Credibilità e tradizione per innovare in modo sostenibile: le scelte di Girolomoni
Tutti condividiamo le stesse preoccupazioni per un futuro sempre più vicino, tutti abbiamo a cuore l’eredità che lasceremo alle generazioni future. Ognuno ha una propria storia: alcuni hanno un passato professionale che li ha portati a riflettere, altri una propensione personale che non hanno voluto tradire, altri, invece, nelle istanze del futuro sostenibile ci sono – letteralmente – nati. Uno di questi è certamente Giovan Battista Girolomoni. La seconda generazione di questa famiglia nata da Gino e Ilaria Girolomoni è l’asse portante di una cooperativa agricola che riunisce 30 soci e 70 dipendenti.
Quella di Girolomoni è una storia di perseveranza e di fedeltà. Fedeltà ai valori, alla terra, alle persone. La recente operazione di rebranding, che celebra i vostri 50 anni, sottolinea proprio questo aspetto. Qual è il rapporto tra le eredità culturali e le nuove sfide, tra l’essere cooperativa e l’essere famiglia?
C’è un rapporto particolare tra la nostra famiglia e la cooperativa: vista la nostra storia non potrebbe essere altrimenti. La forma sociale della cooperativa e la struttura di un’impresa familiare, nel nostro caso, si sovrappongono. Gli stakeholder apprezzano che il ruolo di presidente sia ricoperto da un Girolomoni, a garanzia di una fedeltà alla visione, ma come in ogni cooperativa le decisioni sono prese attraverso una votazione, cosa che non avviene nelle aziende familiari. In tal senso, determinante è stata la scelta del nostro fondatore, mio padre Gino Girolomoni, che ha optato fin da subito per la forma cooperativa, ritenendola quella che meglio rispetta il valore della solidarietà quotidiana, alla base della civiltà contadina, dove tra vicini e famiglie ci si aiutava sempre. Non posso dire che ci sia mai stato un vero e proprio “passaggio generazionale”, né di aver “preso in mano l’azienda”. È un equilibrio particolare, che però funziona, perché si basa su un fattore chiave: quello della solidarietà. In Girolomoni ci si aiuta. Ognuno ha il proprio ruolo e lo porta avanti: ci sono dirigenti capaci, che gestiscono da anni le attività, amici – la famiglia allargata, come la chiamo io – che si assicurano che la parte culturale e gli aspetti valoriali del nostro agire non vengano traditi.
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