Una corretta interpretazione delle dimensioni ambientale, sociale ed economica come sfida strategica per la competitività
L’impatto ambientale della produzione e del consumo di pasta è, da anni, oggetto di analisi approfondite: dal consumo di acqua per la coltivazione fino, ad esempio, a quello del gas in cottura, che LifeGate(a) ha calcolato rappresentare il 38% per cento dell’impronta carbonica complessiva.
La sostenibilità: un concetto integrato
Quando si parla di sostenibilità, riferirsi esclusivamente all’aspetto ambientale è riduttivo e fuorviante. La sostenibilità è pensata come un concetto integrato – ambientale, economico e sociale – fin dal 1992 (Summit della Terra, Rio de Janeiro) e anche se per decenni è sembrato che questa impostazione non fosse stata recepita, oggi sappiamo che le coscienze sono finalmente pronte.
Istituzioni, aziende e gli stessi consumatori indirizzano azioni e aspettative verso un significato più ampio di sostenibilità che comprende, certo, la tutela dell’ambiente, ma anche l’analisi e il miglioramento degli impatti sociali, oltre che economici.
Quando si parla di pasta, quindi, ci sono molti altri aspetti da tenere in considerazione:
- i benefici per la salute e la nutrizione
- la ricchezza della biodiversità
- i valori socioculturali
- i ritorni economici positivi sull’economia locale
- lo sviluppo di expertise.
Le 3 P della sostenibilità
All’inizio degli anni ‘90 furono teorizzati 3 aspetti fondanti della sostenibilità: People, Planet e Profit. Se le prime due P sono di facile intuizione, c’è stata spesso confusione sul terzo elemento: il profitto. Per lo più, questo è stato interpretato come profitto finanziario anche se l’impatto economico è un concetto molto più ampio del semplice impatto finanziario. Per questo, si preferisce spesso definire la terza P come Prosperity.
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