L’era post pandemica e le due grandi sfide: l’innovazione e la sostenibilità. Il successo sarà nella reciproca valorizzazione
Non è facile parlare di innovazione, e più ancora di innovazione tecnologica, in ambito agricolo. Esiste da un lato una sorta di disagio, di diffidenza, nell’associare la tecnologia alla produzione di cibo e dall’altro un ben più concreto ritardo strutturale e culturale. Su questi due aspetti l’Italia è chiamata a rispondere a livello istituzionale per tener fede agli impegni dell’ European Green Deal ma, ancor prima, perché ignorando questa chiamata si rischia di far uscire le realtà produttive del Paese dalla competizione dei mercati. Una competitività in cui la crescita economica deve essere “dissociata dall’uso delle risorse” e in cui “nessuna persona e nessun luogo sia trascurato”, come cita il testo stesso della Commissione Europea.
Questo piano d’azione, il Green Deal appunto, varato nel dicembre del 2019, intende “trasformare l’Unione in un’economia moderna” e dichiaratamente “pulita e circolare” ed è considerato parte integrante della strategia comunitaria per attuare l’agenda 2030 e gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Come si legge nei documenti programmatici, per conseguire gli obiettivi di un’economia circolare e a impatto climatico zero è necessaria la piena mobilitazione dell’industria e la capacità dei paesi membri di far leva sulle potenzialità della trasformazione digitale e delle cosiddette tecnologie pulite.
Il cammino sarà lungo e non privo di ostacoli ma dal momento che, come la stessa Unione Europea sottolinea, occorrono 25 anni per trasformare un settore industriale e tutte le catene del valore, le decisioni e le azioni per quella che è stata definita una “transizione giusta”, devono essere prese ora.
Green Deal: le sfide del mondo agricolo
All’interno del Green Deal sono elencati molti obiettivi, tutti ambiziosi e indispensabili. Primo fra questi, una sorta di faro che indica la via per le altre azioni, quello di azzerare le emissioni di gas serra entro il 2050. Due strategie, in particolare, interessano il settore agricolo: “Biodiversity” e “From Farm to Fork” (in italiano “dal produttore al consumatore”), che dovrebbero portare il cibo europeo, già noto per essere sicuro, nutriente e di alta qualità, a diventare il riferimento mondiale per la sostenibilità. Proprio in quest’ambito l’Unione Europea fa un chiaro riferimento alle nuove tecnologie.
Gli obiettivi di Biodiversity e From Farm to Fork impattano, a diversi livelli, su tutta la filiera:
- riduzione entro dieci anni degli agrofarmaci chimici del 50% e dei fertilizzanti del 20%;
- aumento delle superfici a biologico (25% dell’intera superficie agricola nell’Ue entro il 2030);
- promozione di nuovi modelli per la sicurezza degli approvvigionamenti e l’equità dei redditi degli agricoltori;
- riduzione degli sprechi alimentari e degli imballaggi non ecologici/riciclabili;
Appare evidente da questi obiettivi quanto il mondo agricolo non possa che concepire s stesso, ed essere inteso, come parte rilevante di un sistema alimentare i cui soggetti non possono prescindere gli uni dagli altri in uno sforzo comune di creazione del valore. Un sistema che va dal campo alla tavola, appunto, e che si prende cura in egual modo del pianeta, delle persone e, non ultimo, della prosperità.
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